Un primo corpus è costituito dagli strumenti (1 clarinetto Orsi di Milano del 1950, pezzo unico con campana e barilotto per ricavarne un suono più nobile – strumento più lungo del normale con una chiave di mi bemolle discendente, 1 clarinetto Buffet Crampon – Paris – del 1975, acquistato per il 150° anniversario della casa produttrice, 1 sax tenore Selmer del 1945 che possiede un’ottima intonazione su tutti i registri) e dai manoscritti degli spartiti musicali (brani vocali, strumentali, classici e colonne sonore, musiche da film), da lui composti come autore e come coautore con Avati, Ballotta, Farina, Gosio, Rusca e Tommasi, dal 1952 al 1995.
Tra questi lo spartito con le note musicali per l’”Inno del tricolore” con testo di Ugo Bellocchi. L’edizione con allegato il disco in 45 giri in versione cantata e in versione suonata per banda, un’opera importante e fondamentale, è divenuta ambìta preda da collezionismo.
Numerose sono le musiche da repertorio, quelle che Gualdi incontrava nei moltissimi personaggi suoi contemporanei che popolavano i mondi differenti del jazz che man mano conosceva (Gershwin, Carmichael, Kern, Blake, Creamer&Layton, Lequona, Porter, Herman, Bernard, La Rocca, Garland, Simons, Bechet, Goodman, Ellington, Billy Strayhorn) e che lui proponeva al grande pubblico con convincimento, facendo sua la musica di altri. Per questo si documentava scrupolosamente sull’autore, che quasi sempre conosceva personalmente, affinché ne scaturisse un clima utile a ispirare le opere che andava ad interpretare.
A corredo le targhe e riconoscimenti avuti in tanti anni di attività tra cui: nel 1954 la “Bacchetta d’oro Pezziol” per il concorso radiofonico organizzato dalla RAI assegnata alla sua orchestra che in seguito, considerata la più grande orchestra dell’epoca, fu premiata con la Bacchetta d’oro del jazz al festival di Montreux nel 1960.
Gualdi ha scritto tanta musica ed ha lasciato bei ricordi; una delle funzioni dell’Archivio aperto a lui dedicato sarà quella di progettare attività affinché anche che i giovani lo apprezzino e che lo considerino nei loro percorsi di studio. Lo chiamavano il Benny Goodman italiano come testimonia la targa avuta nel 1957 quale prestigioso premio.
Poi ci sono i due libri che ha scritto: “Sui meccanismi dell’improvvisazione” e “Poteva andare meglio”, pubblicazioni a corollario e complemento della sua vita di musicista attivo: storie della musica, dello spettacolo, del teatro che delineano uno spaccato epocale che inevitabilmente ripercorre buona parte della storia d’Italia.
Henghel Gualdi, al contrario di quanto si possa immaginare, era una persona molto allegra; nel suo libro Poteva andare meglio (ed. Guaraldi) sono raccolti sotto forma di aneddoti tutti i momenti salienti della sua vita: da quando da bambino inizia a studiare clarinetto, ai primi concerti, alle prime orchestre a suo nome, all’incontro con Armstrong e poi con Benny Goodman, il suo idolo, ad Hemingway e Orson Welles, al tour con Pavarotti e Gillespie.
Ancora il corpus di oltre 50 dischi in vinile (78, 45, 33 giri) e compact disc. I dischi farebbero la felicità degli appassionati del collezionismo discografico affamati di vinile perché convinti che sia ancora il migliore supporto per ascoltare musica come si deve. I dischi di Henghel, mitici e rarissimi, prodotti a cavallo tra gli anni Cinquanta-Novanta entrano a pieno titolo per l’eccellenza sonica nella storia della produzione audio. E per ultimo, non certo per importanza, l’insieme di immagini fotografiche che costituiscono un diario della carriera di Gualdi musicista, uno spaccato di vita del mondo dello spettacolo di cui egli faceva parte, che testimoniano momenti significativi del jazz italiano (Lucio Dalla, Pupi Avati, Renzo Arbore, Paolo Conte, Duke Ellingtone, Woody Allen, Pavarotti…)
La donazione metterà in campo un importante compito di salvaguardia e tutela di un patrimonio eterogeneo e ricco, un patrimonio originale per tipologia e per le memorie che ci permette di conservare assieme all’eredità ideale e materiale di Henghel Gualdi.